Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: La Battaglia del Labirinto by Rick Riordan

Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: La Battaglia del Labirinto by Rick Riordan

autore:Rick Riordan [Riordan, Rick]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852021121
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


MI DO FUOCO

Pensavo che avessimo perso le tracce del ragno, finché Tyson non udì un ticchettio acuto in lontananza. Svoltammo a qualche curva, tornammo indietro un paio di volte e alla fine trovammo il piccolo automa che picchiava la testolina contro una porta di metallo.

La porta somigliava a un boccaporto dei vecchi sottomarini: era ovale, con i bordi rivettati e si apriva con una maniglia a ruota. Sull’architrave c’era una grande targa d’ottone ossidata dagli anni, con la lettera greca eta nel mezzo.

Ci guardammo.

— Pronti a incontrare Efesto? — chiese Grover con un certo nervosismo.

— No — ammisi.

— Sì! — tuonò Tyson tutto contento, e ruotò la maniglia.

Non appena la porta si aprì, il ragno zampettò subito dentro, seguito da Tyson. Ci accodammo, anche se con meno entusiasmo.

La stanza era enorme. Sembrava il garage di un meccanico, con diversi montacarichi idraulici. Su alcuni erano poggiate delle macchine, ma altri sostenevano oggetti più strani: un ippogallo senza la testa equina e con un fascio di cavi al posto della coda piumata, un leone metallico che sembrava collegato a un caricabatterie e una biga da guerra fatta interamente di fiamme.

Sparpagliati su dozzine di tavoli da lavoro c’erano dei progetti più piccoli, mentre le pareti erano tappezzate di attrezzi, i cui contorni erano stati tracciati sul muro. Nessuno però sembrava trovarsi al posto giusto. Il martello occupava quello del cacciavite, e la pistola sparapunti quello del seghetto.

Sotto il montacarichi più vicino, che sosteneva una Toyota Corolla del ’98, sbucavano due gambe – la metà inferiore di un omaccione vestito con dei sudici pantaloni grigi e un paio di scarpe più grosse perfino di quelle di Tyson. Una gamba era imbracata in un apparecchio metallico.

Il ragno zampettò subito sotto la macchina e i colpi di martello si interruppero.

— Bene, bene — tuonò una voce profonda da sotto la Corolla. — Cos’abbiamo qui?

Il meccanico scivolò fuori con una spinta del carrellino e si drizzò a sedere. Avevo già incontrato Efesto una volta, durante una breve visita sull’Olimpo, così pensavo di essere pronto, ma rimasi senza fiato lo stesso.

Probabilmente si era ripulito un po’ quando lo avevo visto io, o aveva usato la magia per sembrare meno brutto.

Lì nella sua officina, invece, non si curava affatto del suo aspetto. Indossava una tuta macchiata d’olio e di sporco. Sulla tasca davanti c’era ricamato il suo nome: EFESTO. Quando si alzò, la gamba stretta nell’apparecchio metallico cigolò e scricchiolò per lo sforzo. La spalla sinistra era più bassa della destra, perciò sembrava storto anche quando era in piedi. La testa era deforme e piena di bozzi, la faccia corrugata in un cipiglio perenne. La barba nera fumava e sibilava. Di quando in quando, un fuocherello greco gli esplodeva all’improvviso tra i baffi, per spegnersi poi subito dopo. Aveva le mani grandi come guantoni da baseball, ma maneggiò il ragno con un’abilità stupefacente. Lo smontò e lo rimontò nel giro di una manciata di secondi.

— Ecco qua — borbottò. — Così va molto meglio.

Il ragno fece una capriola nel palmo della sua mano, scagliò un filo metallico verso il soffitto e si slanciò in alto.



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